I trasferimenti delle persone detenute da un carcere all’altro si fanno con pullman e furgoni della Polizia Penitenziaria, i blindati. Piccole scatole di metallo dove non si vede nemmeno la strada e ti manca la luce del sole.
Essere felici dietro a delle sbarre e a delle mura di cemento armato si può? La vita all’interno del carcere non è mai facile, ma la risposta a questa domanda può essere complessa o banale, dipende soltanto dal tempo trascorso e dalle motivazioni che spingono un essere umano a porsi questo quesito.
Tra dentro e fuori i contributi dei parteciapanti al Progetto Vallette al centro al nuovo numero di Letter@21.
Risale a molti anni fa, il mio debutto nel mondo del carcere. Ero giovane e incosciente e la cella era un’esperienza per avviarmi al crimine. I ricordi di quell’epoca sono sfocati, per molti versi amari e impossibili da dimenticare, quando il “tempo non passava mai”. Le mie giornate detentive erano cadenzate con un ritmo a dir poco lento e monotono, che facevo anche solo fatica a respirare e quando, per sfogare tutta la mia disperazione, la rabbia e l’angoscia, mi recavo nel cortile dell’aria, dove con i miei amici più fidati mi allenavo e progettavo la rapina perfetta.
Prima di iniziare a leggere queste righe fai un semplice esercizio che ti permetterà di apprezzare maggiormente i tuoi polmoni e questo testo: inspira e respira lentamente.
Per non dimenticare. Racconti dalla notte dell'incendio. In occasione dei trent'anni dall'incendio del 3 giugno 1989 al carcere delle Vallette di Torino.