L’estate 2020 è passata, superata con fatica, vissuta provando a non pensare a tutto quello che in pochi mesi è accaduto. Sicuramente una speranza dimora in tutti i nostri cuori, il vivo desidero che il prossimo anno sarà diverso, magari migliore di quello trascorso.
Secondo le principali definizioni il lavoro carcerario è uno degli strumenti fondamentali per la risocializzazione del recluso e dell'internato, sottraendo i detenuti alle conseguenze negative dell'ozio e favorendo il loro trattamento rieducativo con la possibilità di ricavare un guadagno.
Prima di entrare in carcere pensavo che all’interno non esistessero una biblioteca o una scuola, pensavo al “dentro” come a un mondo privo di cultura, ma non era così, anche in questo caso esiste la possibilità di scegliere come costruirsi il proprio futuro.
La differenza tra il dentro e il fuori c’è sempre stata. Per quanto riguarda le varie attività che i detenuti svolgono nel mese di agosto penso che questo sia il mese più lungo dell’anno, tutte le attività vengono sospese o almeno rallentano dal loro corso ordinario, per carenze di personale o sospensione delle stesse.
Il carcere in tempo di coronavirus. Un tempo difficile e inaspettato, questo. Un tempo in cui i limiti delle scelte politiche si sentono e si vedono senza ombre: spesso abbiamo scritto del sovraffollamento, tanto da risultare noiosi a noi stessi, spesso abbiamo scritto della necessità di una riforma che vada verso il reinserimento il prima possibile, ma quasi nulla cambia, lentamente tutto peggiora in ossequio a paure create ad arte.
Mensilmente, più precisamente ogni terzo mercoledì del mese corrente, presso il laboratorio di Eta Beta interno al carcere Lorusso e Cutugno di Torino si aprono le porte della redazione ai detenuti del padiglione E.