Giovedì, 23 Marzo 2023 17:33

Letteratura terapeutica

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Credo che in quest’ultimo decennio, forse anche più, si sia persa la volontà di leggere, o meglio, di entrare in una libreria ad acquistare un libro.

Si è più inclini a guardare serie televisive dalla trama avvincente piuttosto che film... o leggere un romanzo. Leggere per me è sempre stato appassionante fin da ragazzino.

Alcune letture mi facevano evadere dalla realtà, ma senza un particolare coinvolgimento, altre invece mi davano gli strumenti per essere più informato e riflessivo su un determinato tema. Altre ancora avevano il potere di trasportarmi in una dimensione parallela.

Io personalmente ho ereditato dai miei genitori il piacere della lettura. Li ho sempre visti “litigare” per i gialli di Agatha Christhie. Ne possedevano veramente molti!

Avevano creato una libreria in una stanza al pian terreno. Per me, quella stanza era diventata un bunker totalmente isolato dal mondo, dove poter studiare. Aveva un’aria così solenne, carica di cultura, con libri di ogni genere.

Nel corso degli anni smisi di leggere, o per meglio dire iniziai a leggere a intermittenza. Capitava frequentemente di non riuscire a finire un libro e quando la mia voglia di leggere si rianimava, riprendevo.

Riprendere lo stesso libro che si era accantonato diventava arduo. Si torna indietro di qualche pagina cercando di riagganciarsi cronologicamente alla storia, ma ci si trova talvolta a provare una sensazione di vuoto mentale, quando il libro richiama a qualche fatto che oramai si è inevitabilmente dimenticato. Il luogo, la situazione possono influire molto sulla lettura.

Detto questo, leggere, per esempio, in galera, può essere uno strumento di sollievo per non incombere in pensieri indesiderati. Il tempo passa più velocemente con un buon libro.

Secondo lo stato emotivo ci si può letteralmente “buttare” a capofitto su un genere piuttosto che su un altro. Mi ricordo le volte che preferivo non scendere all’aria ritagliandomi del tempo per leggere in cella in assenza di schiamazzi, e quindi avere più concentrazione e incrementare la forza di trasporto. La suspense, le pause caffè-sigaretta donavano quel giusto tocco a momenti così.

Non so perché, ma con tutta franchezza anche solo l’odore della carta stampata di una nuova pubblicazione mi eccitava.

Vogliamo parlare di quale potrebbe essere il libro giusto?

Ebbene se dovessi sceglierne uno, l’esperienza mi ha insegnato che una copertina accattivante non basta per decretare la qualità dello scrittore, né tantomeno del testo.

Per sbaglio ho scelto libri che avevano la copertina giusta, ma al loro interno la trama sbagliata e viceversa. Queste sono cose che possono capitare, soprattutto in galera.

A volte ho dovuto leggere più di trenta pagine prima di carpirne il senso e farmele piacere. Altre volte invece, dopo più di duecento pagine ho deciso di non continuare, perché sfortunatamente mi annoiavano. Sono dell’idea che anche gli stati d’animo altalenanti possono incidere molto.

Ebbene, la questione non ricade solo più sul libro, ma è determinata anche da un fattore psicologico.

Momentaneamente sto finendo di leggere un libro che mi è stato regalato da “fuori”, “Il mangia nome” di De Feo.

Redazione

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