Martedì, 09 Gennaio 2018 18:27

Casa Dolce Casa

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Photo by Fernando Reyes on Unsplash Photo by Fernando Reyes on Unsplash

Quando lasciai casa mia, per farmi la mia vita, avevo 16 anni. Allora sembrava la scelta più giusta e sensata che potessi fare. I miei genitori erano separati già da un po’ di tempo, io vivevo da mio padre, l’unico di 6 figli che scelse di rimanergli a fianco, con gli altri cinque, oramai, non aveva più un buon rapporto. Feci questa decisione a 12 anni, in un aula di tribunale, davanti a un giudice e due avvocati divorzisti, compresi i miei genitori. All’inizio era tutto nella norma, la quotidiana vita di un adolescente. Scuola, amici, calcio e casa.

Con il passare del tempo, però, la scuola iniziò ad avere un ruolo meno importante degli altri nella mia vita, poi venne il calcio e poi... poi mi ritrovai davanti all’ennesima scelta.
Casa o Amici?
Passare del tempo, tempo prezioso, con la mia famiglia o cadere nella normale e consuetudinaria abitudine di un ragazzino di quasi 16 anni?
Ebbene sì, feci la scelta più appetibile per uno come me. Il divertimento, la “liberta” di fare ciò che volevo fare, l’indipendenza, sia fisica che economica.
Sì perché stavo già diventando indipendente a livello economico, intendo dire per un ragazzino di quell’età.
La paghetta non ce l’ho mai avuta, questo non significa che non mi avrebbe fatto piacere riceverla, ma ero consapevole della situazione della mia famiglia, non pativo la fame ma di certo non navigavamo nell’oro.
Iniziai così ad arrangiarmi da solo per potermi permettere quelle poche cose di cui un “teenager” ha bisogno, un “teenager” come me.
Le sigarette, il cinema con la ragazza, il biglietto per la discoteca, le Nike, il motorino, la benzina per il motorino, il ristorante con la ragazza, il biglietto per il concerto, le Adidas, la moto, la benzina per la moto, il biglietto per Ibiza, l’orologio, le catenine, la macchina, la benzina per la macchina e così scorrendo.
Ovviamente per permettermi tutto questo non bastava andare a lavorare dall’amico della zia che aveva una gelateria in centro.
Compiuti i 16 anni, andai via di casa, presi in affitto un bilocale tramite un ragazzo maggiorenne che mi fece da garante, e portai la mia ragazza a vivere con me e così presi la mia strada.
Non è passato molto tempo, oggi ho 19 anni e rimpiango tanto i consigli che mi venivano dati a quei tempi, dalla mia famiglia, dalla mia ragazza, dai professori e dalle persone che mi volevano bene.
All’età di 12 anni, in un aula di tribunale, scelsi di rimanere a casa di mio padre, per stargli a fianco. A 16, scelsi di andarmene via da quella casa, per poter intraprendere la vita che ritenevo più opportuna...
Una settimana fa, sempre in un aula di tribunale, davanti ad un giudice e due avvocati penali, chiuso in una cella di sicurezza, stavo seduto ad ascoltare l’elenco dei reati da me commessi tra l’età dai 16 ai 18 anni, per poi sentirmi dare la condanna più opportuna per me.
E’ un anno che sono in carcere, un anno che non vedo mio padre, un anno che non vedo la mia ragazza, un anno che non vedo casa mia.
Forse quando hai le cose più semplici che la vita ti può dare, le reputi inutili e banali per il semplice fatto che sono semplici. E’ solo quando non le hai più che le rimpiangi e ne apprendi a pieno il loro vero valore, un valore grande, grande come una “casa dolce casa”.

M . M.

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