Mercoledì, 23 Novembre 2022 16:58

Il Rap in carcere a Torino

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Nel mese di ottobre, presso la Casa Circondariale di Torino “Lorusso e Cutugno”, si è tenuto presso il Teatro Centrale dell’Istituto un corso di scrittura RAP, organizzato dalle Biblioteche Civiche di Torino con la presenza del rapper Kento. Di seguito la testimonianza di un componente della “redazione interna” di Letter@21 che vi ha partecipato.

Sono anni che mi trovo ubicato presso il Polo Universitario del Padiglione “E”. Durante un colloquio con la mediatrice culturale ministeriale per il rinnovo dei documenti, abbiamo anche parlato di quello che è il mio percorso di rieducazione, dove ho fatto presente l’intenzione di scrivere una tesi che parla dell’educazione e della socializzazione dei giovani ai tempi della “Trap”, ovvero la forma degenerativa del Rap.

Quindi la mediatrice mi ha offerto la possibilità di partecipare a un corso, che si sarebbe svolto nella biblioteca centrale, di scrittura Rap, della durata di cinque giorni, condotto dal Rapper Kento, nonostante il corso fosse circoscritto esclusivamente ai ristretti del Padiglione B.
Questo ha significato molto per me, oltre al fatto che tutte le mattine, per recarmi al corso, dovevo attraversare da solo tutta la strada che divide il Blocco E dalla Biblioteca. Una passeggiata di qualche centinaio di metri, ma che ha risvegliato in me vecchie emozioni, regalandomi quella sensazione di libertà che da molto non provavo. Per arrivare in Biblioteca, ho dovuto attraversare anche l’Ufficio Matricola e diversi cancelli. Rivedere quei posti ha portato alla mente ricordi dimenticati… prima di iniziare gli studi universitari al blocco E, ho passato anni nei blocchi, dove le criticità sono maggiori.
Arrivato in biblioteca, erano presenti molte persone: agenti, bibliotecari, detenuti, il rapper Kento e tre persone della sua equipe. Subite strette di mano e saluti di benvenuto mi hanno accolto e subito dopo il responsabile delle biblioteche interne dell’istituto, presentandomi al resto dei partecipanti, ha specificato come fossi lì per raccogliere materiale per la mia tesi. Così da semplice uditore esterno mi son ritrovato coinvolto e partecipe nel progetto. L’obiettivo era quello di scrivere il testo di una canzone, registrarlo, e infine girare un filmato che avrebbe accompagnato l’ascolto.

Nei successivi incontri abbiamo rivisitato tutta la storia del Rap, per arrivare alla Trap contemporanea, analizzando le differenze sostanziali tra le due forme di espressione. Nel Rap si denuncia una situazione di disagio, mandando per lo più messaggi positivi a chi lo ascolta, come se chi avesse scritto il testo mirasse a parlare con il fratello più piccolo, o un figlio, cercando di proporre una morale su cui riflettere, mettendoci dentro valori importanti come la famiglia e il rispetto. Mentre la Trap è un grido di voce spavaldo, che incita alla violenza e criminalità. Il contenuto è un elogio alla malavita, nei video sono ripresi soldi, macchine lussuose, gioielli, droga e belle ragazze. L’impatto emotivo che ho avuto ascoltando tutto questo mi ha coperto il corpo di brividi. Trovarmi lì mi ha inoltre permesso di rivedere e confrontarmi con i ragazzi del blocco e vecchie amicizie. Avevano gli occhi spenti e arrabbiati, parlavano uno slang informale, volgare. Non mi riconoscevo più in loro, eppure sono stato anch’io così. La permanenza al Polo Universitario mi ha aiutato molto a crescere e a vedere il mondo con occhi diversi.

Durante tutta la durata del corso siamo stati ripresi dal cameraman che girava in mezzo a noi con una videocamera professionale. Il testo che abbiamo scritto parla di strada, galera e infine di riscatto sociale ed è stato registrato il giorno dopo in uno studio vero e proprio, improvvisato in una delle aule che solitamente sono utilizzate per il corso di elettricista. Siamo poi passati alla registrazione del video, improvvisando momenti di attività sportiva usufruendo della palestra centrale del blocco A, simulando scene di combattimento sul ring della palestra centrale; colpi al sacco; una partita di calciobalilla e infine la camminata nel corridoio. «Il risultato a mio parere è un capolavoro», anche se non lo abbiamo ancora visto.

Al termine del corso, dopo aver legato un forte rapporto di amicizia oltre che professionale con il Rapper Kento e la sua equipe, ci ha salutato con un discorso di motivazione e speranza che ha toccato il cuore di tutti i presenti. Il carcere non è solo reclusione e punizione, ma è anche un luogo che può dare delle opportunità di riscatto. La musica, in questo caso il rap, è una forma di espressione del nostro stato d’animo ed è uno strumento con il quale si può comunicare quella che è la nostra esperienza e la nostra storia.

Redazione

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