Lunedì, 08 Ottobre 2018 17:57

Attese ed emozioni per il colloquio con l’avvocato

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Il colloquio con il proprio difensore, in carcere, oltre ad avere degli importanti sviluppi giuridici, li ha anche a livello personale, perché comporta al detenuto attese ed emozioni contrastanti tra loro, che possono andare dalla speranza, allo sconforto, dall’affidarsi completamente all’avvocato all’esserne delusi dalla scelta.

Quando ti arrestano, la prima cosa che ti chiedono una volta in questura, è: “Hai un difensore di fiducia?”. Da quel momento in poi, capisci realmente la gigantesca importanza che avrà nella tua vita questa figura e ti ci leghi quasi come fosse uno di famiglia.
Di solito la prima volta, si sceglie l’avvocato in base ai racconti e ai consigli di chi c’è già passato, quindi si nomina il proprio difensore “per sentito dire” quasi a scatola chiusa, sperando che magari riesca a difenderti bene, come ha fatto con quel tuo amico, piuttosto che con quell’altro.
Dalla questura, se è confermato l’arresto, del G.I.P. (Giudice Indagini Preliminari), vieni trasferito in carcere, e da lì, entro dieci giorni, ricevi la visita tanto attesa dell’avvocato che hai nominato.
Il primo colloquio è sempre quello più sentito, un po’perché sei distrutto sia mentalmente che fisicamente dall’arresto, e poi perché non hai ben chiare le accuse che ti vengono rivolte, come spesso capita. Il difensore, in quel preciso momento, è visto dal proprio assistito, come un vero e proprio benefattore, venuto da un altro mondo per salvarlo dai suoi persecutori.
Il suo ruolo iniziale è quello di capire bene la tua versione dei fatti, confrontandola con quella degli inquirenti, e per far bene questo, deve conquistare innanzitutto la tua fiducia e poi il tuo rispetto dandoti sicurezza e standoti vicino anche umanamente. Ad esempio, chiamando i tuoi familiari per tranquillizzarli e dargli quindi un primo supporto morale.
Fatto questo passaggio iniziale, ci si sente già più rilassati, quindi s’inizia a discutere dei dettagli tecnici inerenti all’udienza di primo grado che si deve fare, cominciando insieme a tirar giù una bozza di difesa che verrà man mano sempre più integrata e perfezionata.
A questo punto, inizia il primo periodo di previsioni e di tentativi atti alla tua scarcerazione, che possono andare dagli arresti domiciliari, al riesame del tuo caso presso il Tribunale della Libertà, dove, il tuo avvocato inizierà, tramite istanze, a chiedere al Giudice di competenza di rimetterti a piede libero. Inoltre sarà sempre lui a inoltrare l’istanza per richiedere il primo colloquio con i familiari.
Questo momento e sicuramente quello più sentito e atteso dal detenuto, ed è vissuto, con ansie e aspettative infinite, che solo il tuo difensore è in grado di placare e soddisfare, facendo pazientemente da ponte, tra te e l’organo giudicante. Di solito la risposta del Giudice, in questi casi, ha un termine di scadenza prefissato dai quindici ai venti giorni.
Ad ogni colloquio, se hai a che fare con un bravo avvocato, riuscirai sempre ad avere nuove informazioni che ti permettano così di seguire costantemente l’andamento del procedimento, in modo da poter avere un quadro generale, specifico e dettagliato della situazione, che, come succede sovente, soprattutto nelle indagini preliminari, può mutare in relazione a prove, testimonianze e quant’altro.
Non bisogna per questo sottovalutare il rapporto umano ed emotivo che si crea fra cliente e avvocato in una situazione estrema come la detenzione. Dove da una parte c’è una reale esigenza di essere aiutati e in un certo senso salvati dai propri errori e dall’altra una professione tecnicamente complicata e delicata, che si trasforma nel tempo in un vero e proprio rapporto di fiducia, stima e gratitudine illimitata.

C. D. B.

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