A poche ore dall’addio alla Roma di Francesco Totti e alla finale di Champions League di Cardiff, il calcio diventa metafora di vita, dimostrando come anche i pronostici impossibili possono essere cambiati, non solo sul rettangolo di gioco.
In occasione di Doc in Tour 2017. Documentari in Emilia Romagna, una serie di proiezioni del documentario “La prima meta”. Il racconto di inclusione multietnica e dell’esperienza di vita carceraria della squadra di rugby “Giallo Dozza” del carcere di Bologna.
Non sono mai stato uno sportivo; datemi un libro, anche un pesante mattone di mille pagine, fatemi vedere un film, anche di tre ore muto in bianco e nero, ma non parlatemi di sport. Ho sempre guardato gli atleti stremati dalla fatica chiedendomi chi glielo faccia fare e ho sempre condiviso il pensiero di Andreotti che diceva che tutti i suoi amici che avevano praticato sport erano morti, a differenza sua. Insomma lo sport è sempre stato per me come l’aglio per un vampiro.
Non essere un appassionato di calcio ti toglie, soprattutto durante la stagione di serie A e le coppe europee, molti argomenti di conversazione. Io, che in fondo sono un po’ misantropo, ero ben felice, quando ero fuori, di essere escluso dai discorsi sul miglior calciatore o sul fallo di gioco meritevole o no di essere punito con un rigore.
Nata nel 1983, nella sua lunga storia agonistica, la competizione Vivicittà ha percorso migliaia e migliaia di chilometri. Qualcuno nel parlarne la definisce “la corsa più grande del mondo”.
Probabilmente il Giro d’Italia non sarà una competizione sportiva che appassiona tutti i follower di Letter@21 ... ed è anche comprensibile che sia così!