Giovedì, 21 Ottobre 2021 14:21

La normalità lontana

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Image by Brian Merrill from Pixabay Image by Brian Merrill from Pixabay

Il ritorno alla normalità di questi tempi ancora non è per niente completo. Ci mancano le persone che due anni fa facevano parte del nostro quotidiano, rappresentando i motori che muovevano la vita all’interno del progetto del Polo Universitario, nel carcere di Torino.

Allora, ogni giorno vedeva la presenza di un qualcuno del fuori, che se all’inizio si presentava come un volontario man mano che il tempo passava, assumeva diversi ruoli per aiutarci nei nostri compiti e nelle nostra attività. Trasformandosi all’occorrenza in aiutante di studio, trasmettendoci un sapere che completava quello che stavamo apprendendo. Si poteva parlare di tutto, ma maggiormente si stava ad ascoltare, in quanto la maggioranza di loro era in là con gli anni. Questo per noi rappresentava una grande opportunità, uno scrigno di racconti ed esperienze, attraverso le quali riuscivamo a vedere altro al di fuori di un ambiente freddo ed opprimente. Incontri di questo tipo potrebbero essere una possibile soluzione a tanti mali che colpiscono la società di oggi. Ed uno di questi è lo stesso abbandono di tantissimi anziani che si trovano soli. Anziani che sono ancora autosufficienti e che tante volte si sono trovati a loro agio nel raccontare le proprie esperienze qui e che da questo erano gratificati. Una serie di colloqui che riusciva ad arricchire e far contenti tutti quanti. Nella normalità attuale manca proprio questo. Un contatto con le tradizioni, con i vecchi tempi e con gli insegnamenti che le persone hanno imparato vivendoli sulla propria pelle. Ce n'è un gran bisogno di questi esempi positivi, anche perché tanti di loro hanno visto dei tempi molto più bui, eppure hanno trovato il modo di uscirne fuori.
La normalità non ha bisogno solo di vecchi meccanismi che ci facciano star bene, ma anche del calore umano che questi ingranaggi li fa girare.

Oggi tutto sembra diverso. Si studia come prima, e tante cose, come ad esempio lo sport, che prima si facevano da sole, o erano bloccate sono ritornate nel nostro quotidiano, ma non è più lo stesso modo di muoversi e crescere di prima. Ci manca un’interazione che è sempre più limitata se non inesistente. I nostri muri sono sempre più alti e precludono sempre più un contatto con il mondo di fuori. Tanti volontari già dopo aver fatto il richiamo primaverile, hanno contattato il carcere per poter ritornare a svolgere i compiti di prima. Tutto questo manca anche a loro. Ora siamo due mondi orfani che stanno faticando a orbitare l’uno con l’altro, per riprendere il vecchio moto insieme.

Mancano anche le persone giovani, che prima venivano tantissimo presentando tutta una serie di progetti che condividevano con noi. Un confronto molto creativo, c’era sempre presente la curiosità verso la vita carceraria in sé, accompagnata da tutta una serie di domande e racconti, che seppur cominciavano con il tema della detenzione, finivano per toccare le realtà esterne e anche quelle dello studio, in quanto l’Università rappresentava un’isola neutrale dove potersi parlare apertamente, condividendo i propri vissuti e bagagli personali. Non erano incontri tra carcerati e civili, ma tra studenti, magari, si, diversi, che discutendo sulle problematiche esposte cercavano di trovare una soluzione condivisa, che potesse stare bene a tutti quanti i partecipanti.

Abbiamo approfondito Dante, mineralogia, storia antica e moderna, Leopardi. Le malattie infettive, raccontate da un dottore che ha visitato moltissime volte l’Africa, potendoci così raccontare tutta una serie di particolari che non sono detti alla TV. Un dottore che ha visto tantissimi orrori, ma non smetteva mai di sorridere e credere in quello che faceva. È un esempio molto valido e positivo, come tutti quelle persone che venendo da noi ci hanno arricchito moltissimo regalandoci qualcosa della loro storia personale.

Il prossimo passò verso la normalità vera sarebbe far ritornare tutte queste persone che ci hanno seguito anche durante la chiusura e che non vedono l’ora di rivederci, ugualmente tanto quanto noi, qui. La ruota di un mulino per girare ha bisogno di acqua, cosi anche noi per trovare un senso sano e produttivo nelle nostre giornate abbiamo bisogno di un confronto valido e costruttivo, attraverso il quale imparare e riprendere le redini della nostra vita. Un compito arduo, già difficile da realizzare prima, ma che se rimarrà bloccato dai muri della pandemia, rischia di far fallire la filosofia della rieducazione, che in teoria muove questo posto.

Il tempo scorre, sono quasi già due anni che tutto è cominciato con la solida speranza che attraverso una collaborazione reale tra tutti quanti si sarebbe riusciti a uscirne fuori completamente, per riprendere un cammino che si era fermato con il mondo intero, ma che oggi almeno crediamo di poter ricominciare.

Redazione

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