Mercoledì, 05 Ottobre 2022 17:48

Io sono Daimon

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Daimon è il suo nome, dal Greco “spirito guida”, è un Golden Retriever di sei anni e mezzo dallo sguardo di eterno cucciolone che attende qualcosa. Eppure è amato, accudito, coccolato, nutrito. Ma lui attende qualcosa che, forse, a breve ritroverà.

Quel qualcosa ha una data, un tempo che risale a circa tre anni e mezzo fa. Il suo “amico umano”, omettiamo il nome, incappò nelle maglie della Legge. Daimon nei primi giorni cercava di capire dove fosse “l’umano” a cui aveva dato tanto amore e scodinzolamenti e da lui avuto tante coccole e croccantini. La sera cercava nei soliti posti ove lo trovava, ma la speranza si affievolì, giorno dopo giorno, assieme alla “traccia” odorosa che gli permetteva di riconoscerlo.

I giorni, i mesi, gli anni passavano e Daimon non capiva, ma percepiva che quella presenza era ancora lì da qualche parte, lui sentiva la traccia, la sentiva nei componenti del “gruppo familiare” di cui lui stesso si sentiva parte. Il tempo non gli ha fatto dimenticare quella presenza, Daimon l’ha conservata nei suoi spostamenti quotidiani. Ogni giorno va puntualmente dove l’olfatto lo porta, ma oggi sente che non c’è più, tuttavia non si arrende perché sente in altre cose quella presenza. Ultimamente è ancora più forte, ogni settimana la sente, negli abiti che parlano del suo ”amico umano”. Lo cerca, ma non lo trova. Daimon però non può arrendersi e attende con quel suo sguardo pieno di aspettativa, come se sapesse che da un momento all’altro quella presenza del ricordo riapparirà …

Nei suoi pisolini pensa alle corse, non fa differenza se nel campetto dietro casa o nei giardini pubblici dove ancora corre, ora con la piccola amica che gli fa mille dispetti e che lui accetta perché è una “cucciola umana”. Ma oggi è accaduto qualcosa di strano, la “cucciola” lo ha guardato e gli ha detto andiamo da “papà”, lui non ha capito, ma ha scodinzolato…

Mi ha portato con sé e, mentre camminavamo, ho pensato che era una passeggiata più lunga delle altre volte. Poi ho visto un muro alto alto, ho avuto paura che la piccola cucciola volesse lasciarmi dietro quel muro grigio e triste, dopo averlo attraversato. Al di là abbiamo atteso, in un giardino dove avrei voluto correre, ma ero legato e mi chiedevo il perché… però ho visto una ciotola e c’erano le crocchette e l’acqua. Ho gradito e mentre bevevo, ho sentito una presenza, un odore familiare, un fischio che non potevo non riconoscere, era il mio “amico umano”. Solo un attimo e gli sono corso incontro, cercando di abbracciarlo come ha fatto lui, ero felice e lui pure anche se non scodinzola come faccio io. Abbiamo fatto le capriole sull’erba. Il tempo si è fermato, quello trascorso sembrava non essere mai avvenuto. Ora so che il mio “amico umano” non poteva “correre con me” perché era dietro quel muro. Forse potrà ritornare, l’importante è che il tempo non abbia cancellato il suo ricordo, il mio ricordo”.

Questa è una storia immaginaria, di quello che può aver pensato Daimon. La verità è invece che tutto è accaduto qui a Torino.

Il lieto fine è stato reso possibile grazie all’autorizzazione della Direttrice reggente (Dott. C. Buccoliero) della Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”, interpretando in questo modo non solo il diritto, in quanto giurista, ma anche quel ”diritto vivente non scritto” che fa parte della sfera delle emozioni. Conciliando l’applicazione della legge con quello che è un bisogno dell’uomo di sopperire a carenze affettive antiche, ma sempre presenti. Concedendo un “colloquio” con il proprio “ amico a quattro zampe”.

Tali concessioni in passato erano state accolte anche in altri istituti detentivi, dando luogo a incontri finalizzati alla pratica di una “Pet Therapy” che potesse infondere nelle persone recluse un senso di compartecipazione e aggregazione.

Perché “l’apertura” intesa come evoluzione della norma trasmette ai destinatari quella speranza che deve essere presente in tutte le vicende ed esperienze umane.

R. P.

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