Mercoledì, 25 Maggio 2016 15:44

#ciaomarco

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Tra i primi e più intensi ricordi della mia prima detenzione, ormai quasi quindici anni fa, ci sono la rotonda di San Vittore, quella concitata piazza sulla quale si affaccia una brulicante e variopinta umanità, e Radio Carcere. Ero detenuto da pochi giorni e rimasi davvero colpito nel vedere tantissimi detenuti che il martedì sera alle 21, si sintonizzavano sulle frequenze di Radio Radicale per ascoltare quello che poi scoprirò essere l’unico vero programma su e per il carcere.

Varcare i cancelli del carcere mi aveva fatto entrare in una dimensione del tutto nuova che pensavo completamente isolata dal resto del mondo, ma grazie a quel programma radio capii che del mio destino, e di tantissimi altri detenuti come me, importava anche a qualcun altro oltre alla famiglia e da allora mi sentii meno solo nell’affrontare la carcerazione e soprattutto mi resi conto che si può e si deve fare qualcosa per migliorare le condizioni di detenzione.
Da allora sono passati diversi anni anche se da un po’ non ascolto e non scrivo più a Riccardo Arena (la “potente” radiolina che ho prende ben poche stazioni …) mi rendo conto che nell’immaginario di tutti i detenuti il nome di Marco Pannella è indissolubilmente legato all’amnistia e a mille lotte per rendere le carceri meno disumane.
Non c’era Ferragosto o altra festa comandata nel quale non si vedesse Pannella andare a visitare qualche Penitenziario e come racconta Ornella Favero (direttrice della rivista RistrettiOrizzonti e Presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia) su Repubblica del 20.05.16, ricordando la visita che Pannella fece al carcere di Padova il 31 dicembre 2009: “Ottenne di far aprire tutti i blindi e cominciò, con Rita Bernardini, un paziente porta a porta di quelli veri, una notte di autentico ascolto di sofferenze piccole e grandi, solitudine, angoscia”.
Anni prima delle sentenze di condanna dell’Unione Europea e in tempi in cui l’opinione pubblica invocava sicurezza ( = più carcere) Pannella è stato il combattente che aveva il coraggio di urlare quella verità che nessuno vuole sentire, ossia che il carcere come impostato oggi è CRIMINOGENO sia per come fa vivere le persone che vi abitano, sia per essere il mezzo che causa un’infinita replica di condotte devianti.
Nei tanti articoli che in questi giorni escono sui giornali per ricordarne la memoria quello che mi colpisce che trovo unico e vedere le storie di persone diversissime (dal transessuale a Beppino Englaro, dal presidente della comunità ebraica all’attivista gay) che hanno incrociato il cammino di Pannella e grazie a lui portato avanti battaglie che sembravano senza speranza (“i diritti di popolazioni oppresse in enclave sconosciute pure al mappamondo” IL FOGLIO 20.05.2016).
Alla guida di un’esigua e “strampalata” minoranza è riuscito a imporre dibattiti pubblici e battaglie politiche che hanno cambiato la storia dell’Italia e oltre a lasciarci queste vittorie in eredità, ci lascia un oneroso legato, che ci impone di continuare a impegnarci nella lotta per la conquista dei diritti civili per gli ultimi.
Al funerale laico svoltosi domenica a Roma ha anche partecipato una delegazione di detenuti del carcere di Rebibbia e Regina Coeli che hanno utilizzato un giorno di permesso, dei loro 45 annui a disposizione, per ricordare chi faceva di tutto per aiutarli. Noi, non abbiamo potuto partecipare fisicamente, ma seppur con i tempi dettati dal carcere, con questo ricordo ci tenevamo a ribadire il nostro profondo e sincero affetto.

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