Mercoledì, 04 Ottobre 2023 11:43

Free

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Foto di Claudio Schwarz su Unsplash Foto di Claudio Schwarz su Unsplash

Sono ormai da anni che mi guardo le dita della mano sinistra, dove nello spazio tra le nocche e le unghie, tanto tempo fa quando ero ragazzo mi tatuai la parola free.

In passato un amico un giorno mi chiese: ma perché ti sei tatuato free sulle dita? Gli spiegai che voleva dire libero. Ci ripenso solo ora, con rabbia e invidia e con un poco di allegria, alla sua ingenuità e alla veridicità di ciò che mi sono tatuato. Non sono mai stato libero, il desiderio di vivere era così forte da mentire a me stesso e credere di esserlo.
In carcere continuavo a guardarmi la mano, quella scritta tatuata, divenuta un monito e un simbolo di quella tanto agognata richiesta di libertà. La condanna inizia e sembra interminabile, nonostante il passare dei calendari e dei foglietti strappati, quelle pittoresche “x” sulle mura carcerarie che non ho mai disegnato, ma che comunque si accumulavano dentro di me, perché ogni giorno me lo custodisco avidamente dentro.

Ormai la misura è colma: l’adempimento del debito con la giustizia che ho acquisito è prossimo, tra poco si stanno per aprire quei cancelli che per lungo tempo mi hanno salvaguardato da quel mondo là fuori così triste, così duro, così cattivo.
Ormai è giunto il momento di vivere, basta aspettare! La sabbia della clessidra va terminando e quegli ultimi granelli mi danno tempo di ricordare, riflettere e agire per costruire un qualcosa, sono ormai gli ultimi preparativi verso un’imminente libertà.
Via da questo maniero dove per lungo tempo ho condiviso gioie, dolori, fino a giungere a congelare tutti i sentimenti, che ora di colpo stanno tornando come risorti a nuova vita.

E se penso a cosa mi aspetta sono impaurito da tutte quelle responsabilità che dovrò assumermi, mi sento spaesato: entrato, ero quel ragazzino che sbarbato faceva i suoi primi passi nel mondo, ed ora mi ritrovo ad avere quella consapevolezza che tutto questo fa parte del passato, tutto ciò che è perso deve restar tale: metti i cerotti al possibile, ripara il riparabile, sei cresciuto ormai... in questa dimora.
Basta perdere tempo, ne ho già buttato via così tanto, immagino qualcosa di diverso da quello che era. Oso sognare, non vergognandomi dei miei desideri, voglio inseguirli e combattere per raggiungerli.

Che cosa mi aspetto dopo questa fase di riflessione? Sarò realmente maturo? Io penso che la voglia di farcela sia tanta, là fuori esiste un mondo di cose belle e sane, che mi aspettano e sono lì a portata di mano, mi ritrovo qui perché volevo di più, sempre di più, ma per quale motivo? Perché quel benessere creato dagli espedienti riempiva un vuoto che era costituito dalle mie paure, dalle mie debolezze, ma ho affrontato i miei mostri, alcuni li ho vinti, quelli più tenaci li ho chiusi in quell’armadio inviolabile dell’oblio della memoria per poter partire da zero.
Stravolgere il mio ordinario, chiudere con il passato, perché ora mi sono state aperte molte porte su qualcosa per me prima irraggiungibile.

Mi aspetto che sarà tutto molto difficile, come dare prova di quanto realmente voglio questo cambiamento? Ho paura delle tentazioni, temo di cadere prigioniero di me stesso, ma rifletto e penso che il prezzo da pagare sia troppo alto: sono stanco di soffrire, non poter neanche sfogare il dolore, il male, perché in carcere avere sentimenti è roba solo per i deboli. Ho forgiato le ossa e lo spirito, anche se ancora, a volte, tornano i dubbi: prima di agire serve più tempo, o sono solo scuse?
Ormai è ora di fare qualcosa di buono, le possibilità le ho, la voglia è molta, le motivazioni ancor di più. Perché dopo che vai giù il problema è sempre rialzarsi, ma vedo mani tese, pronte a tirarmi su.

Non voglio e non devo ferire chi crede e ha creduto in me. Sono pronto ormai, anche perché il primo a farsi del male sarei io; quindi, ora posso solo aspettare e pensare a tutto quello che sto per lasciare, persone care che mi sono state vicine, con le quali ho legato molto. Mi dilania considerare che io me ne sto andando e dovrò lasciarle qui, e che molti volti che ora giornalmente vedo, non li rivedrò per molti anni o forse mai più.
In fondo anche questo è parte dell’esperienza che chiamiamo “galera”, anche perché dei cattivi, sporchi detenuti possono avere degli amici? Io sono convinto di sì.

Redazione

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