Martedì, 22 Maggio 2018 07:40

Relazione 2017: Garante Comunale delle Persone sottoposte a misure restrittive della Libertà personale di Alba

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Sessanta pagine che tracciano un quadro generale della situazione carceraria in Italia, Piemonte e in specifico nella Casa di Reclusione “Giuseppe Montalto” di Alba.

Sovraffollamento; alta recidiva (in merito a questo dato rispetto al sentire comune è interessante constatare come tra le persone ristrette a non avere precedenti siano il 29% degli italiani e il 57% degli stranieri); diminuzione dei reati, ma crescita dei detenuti: “Nel 2016 gli ingressi erano circa 1.500 in più dell’anno precedente, mentre i reati denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria erano 200.000 in meno!”; aumento degli stranieri, ma diminuzione dei detenuti stranieri: 2 mila in meno negli ultimi 10 anni; misure alternative e permessi che non dappertutto sono uguali; personale “senza divisa” quantitativamente carente; aumento dei suicidi in carcere. “Solo 1 detenuto su 5 va a scuola in carcere Si calcola che appena il 2,2% dei detenuti lavora per datori di lavoro diversi dall’amministrazione penitenziaria”.
Questi sono solo alcuni dei dati contenuti nella relazione 2017 del Garante Comunale delle Persone sottoposte a misure restrittive della Libertà personale di Alba (Alessandro Prandi).

Rispetto ai dati nazionali in Piemonte il tasso di affollamento al 31/12/2017 risultava pari al 105,5%, “con un aumento di detenute e detenuti dell’8,4%. Le donne detenute erano 151 (percentuale sul totale: 3,66 %), mentre i detenuti stranieri 1.731 (percentuale sul totale: 45,10 %)”.

La Casa di Reclusione “Giuseppe Montalto” di Alba, parzialmente riaperta nel giugno 2017 dopo l’epidemia di legionellosi del Natale 2015 e Capodanno 2016, che ha comportato la temporanea sospensione delle attività dell’Istituto, presentava al 31/12/2017 43 persone detenute presso la struttura: 26 italiani, 17 stranieri. “Considerando una capienza di 35 posti, l’affollamento è pari al 123%. Alla riapertura le persone ospitate erano 28, ma nelle settimane immediatamente successive si è toccato il numero di 55, pari al 157% di affollamento”. Da quando l’Istituto è stato parzialmente riaperto sono state avviate attività volte a integrare i percorsi riabilitativi dei detenuti: “Un corso professionale di operatore agricolo gestito da Casa di Carità e Mestieri, un corso di inglese e uno di arte e musica gestiti dal Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) di Alba. Oltre ad attività culturali – ludico - creative: laboratorio di lettura organizzato e gestito da un educatore, laboratorio teatrale, attività di catechesi gestita da 2 volontarie. Inoltre una volta alla settimana è presente presso l’istituto un professore di educazione fisica che conduce le attività sportive”.
Nel corso della prima parte del 2018 è prevista la ripresa del laboratorio di Pet Therapy. Nell’arco del 2017 l’istituto ha attivato una collaborazione con il Patronato ACLI per pratiche burocratiche e rinnovato quella con l’Istituto Superiore d‘Istruzione Umberto I° di Alba per la produzione e l’imbottigliamento del vino denominato Vale la Pena. Vale la Pena è un progetto nato nel 2006 con l’obiettivo di coltivare uva, Barbera con qualche pianta di moscato e dolcetto, all’interno del carcere albese. Nel 2016 sono stati prodotti 40 quintali di uva, nel 2017, 50”.
La relazione oltre a “fotografare lo state dell’arte” nella casa di reclusione albese, evidenzia positività e criticità della stessa, senza tralasciare di suggerire alcune indicazioni per il futuro. Nel primo caso si evidenziano il clima organizzativo (il rapporto, particolarmente basso, tra il numero delle persone detenute e quello degli operatori impegnati) ed il coinvolgimento del territorio (alto interesse dell’opinione pubblica e delle istituzioni verso i temi “penitenziari”, lavoro volontario). Nel secondo, l’indeterminatezza su tempi e modalità di riapertura completa rende difficoltosa la progettazione, gli spazi detentivi e dedicati alla socialità e servizi risultano non adeguati al numero di detenuti ospitati. Così come dalle visite finalizzate ai colloqui e alla verifica delle condizioni di detenzione emerge come: “Esista una fascia di persone detenute che o sono senza una tutela legale oppure non hanno relazioni positive e collaborative con i propri avvocati, le motivazioni sono le più varie: indigenza, distanza tra luogo della detenzione e ufficio del legale, rapporti rovinati”. Il territorio albese risulta essere poco ricettivo rispetto alle opportunità per i detenuti in tema di alloggio e lavoro una volta fuori dell’Istituto, sia che usufruiscano di benefici premiali, o di misure alternative in esecuzione penale esterna
Osservazioni che portano il Garante a proporre alcune raccomandazioni utili per migliorare le condizioni delle persone recluse:

  • migliorare quantità e qualità dei servizi informativi rivolti ai detenuti (creazione di uno sportello di orientamento legale, attivazione di percorsi che aiutino le persone detenute a “rendersi conto” delle proprie competenze spendibili in futuro)
  • riattivazione di forme di coordinamento istituzionale (ripresa delle attività dei Gruppi Operativi Locali)
  • considerare il carcere un Luogo Comune (includere in modo sistematico all’interno delle politiche di coesione territoriale le misure di limitazione della liberta, fare rete tra gli operatori, costruire percorsi integrati di inclusione sociale nell’ambito dei servizi socio-sanitari del territorio).

Infine un sentito grazie ad Alessandro Prandi per portare avanti con impegno e dedizione il proprio incarico e per la citazione e inserzione di Letter@21 nella propria relazione.

Redazione

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