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Martedì, 20 Marzo 2018 14:27

Atto del Governo n. 501 sottoposto a parere parlamentare

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Lo scorso 15 gennaio 2018 è stato trasmesso alla presidenza del Senato della Repubblica l’Atto del Governo n. 501. Il documento è lo schema di decreto legislativo recante la riforma dell’ordinamento penitenziario, in attuazione della delega con tenuta nella legge 23 giugno 2017, n.103, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”.

Il contenuto normativo dello schema si avvale delle proposte elaborate dalle Commissioni ministeriali, costituite con decreto del Ministro della Giustizia in data 19 luglio 2017. L’Atto del Governo n. 501 concretizza le disposizioni dell’art. 1, commi 82, 83 e 85 della legge di delega ed è composto da 26 articoli e 6 capi che prevedono: disposizioni per la riforma dell’assistenza sanitaria in ambito penitenziario (Capo I); disposizioni per la semplificazione dei procedimenti (Capo II); disposizioni in tema di eliminazione di automatismi e di preclusioni nel trattamento penitenziario (Capo III); modifica delle norme dell’ordinamento penitenziario in tema di misure alternative (Capo IV); modifiche all’ordinamento penitenziario in tema di volontariato e di altre disposizioni di legge (Capo V); disposizioni in tema di vita penitenziaria (Capo VI).

Riforma dell’assistenza sanitaria: tra i principi della riforma dell’ordinamento penitenziario vi è il riordino della medicina penitenziaria disposta dal d.lgs. 22 giugno 1999 n. 230, tenendo principalmente conto della necessità di potenziare l’assistenza psichiatrica nelle carceri. L’art. 1 dello schema modifica glia art. 147 e 148 c.p. in tema di infermati psichica dei condannati. La proposta di riforma è finalizzata a razionalizzare la disciplina dei casi di infermità psichica sopravvenuta equiparandola alla grave infermità fisica e psichica così da poter garanti l’accesso alle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario alle persone condannate con infermità psichica sopravvenuta, con soluzioni che permettono di adeguare le modalità di esecuzione della pene alle esigenze di cura della persona.

L’art 2, modifica l’art. 11 dell’ordinamento penitenziario, che contiene le disposizioni centrali per l’assistenza sanitaria in carcere. Si afferma in modo chiaro il diritto di detenuti e internati a prestazioni sanitarie tempestive. Si precisa che spetta al Servizio sanitario l’organizzazione di un servizio medico e di un servizio farmaceutico rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati. Nei casi in cui il Servizio sanitario non possa garantire le cure adeguate all’interno degli istituti, l’autorità giudiziaria competente può disporre ricoveri in luoghi esterni di cura e se non sussiste il pericolo di fuga, i detenuti e gli internati, che non siano sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che questo sia ritenuto necessario per la tutela della loro incolumità personale.

I detenuti e gli internati, a tutela del diritto alla salute, possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L'autorizzazione, per gli imputati prima della pronuncia della sentenza di primo grado è data dal giudice che procede e per i condannati e gli internati è data dal direttore dell'istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei repa1ti clinici e chirurgici all'interno degli istituti.

Introduzione nell’ordinamento penitenziario dell’art. 11-bis (Accertamento delle infermità psichiche). Ai fini dell’adozione dei provvedimenti dell’articolo 147 c.p. inerente alla tutela del diritto della salute del condannato, devono essere effettuati gli accertamenti delle condizioni psichiche degli imputati, dei condannati e degli internati. tali accertamenti dovranno essere effettuati presso le sezioni previste dall’art. 65 dell’ordinamento penitenziario, ovvero le “sezioni per detenuti con infermità”. Il soggetto in questione non può permanere in osservazione per un periodo superiore a trenta giorni e ad esito avvenuto il giudice procedente o il magistrato di sorveglianza, se non adotta uno dei provvedimenti previsti dall’art. 147, co.1 n.2, 206 e 212 co. 2 del codice penale, dispone il rientro nell’istituto di provenienza.

Disposizioni per la semplificazione dei procedimenti: il complessivo corpus di provvedimenti proposti nello schema di decreto legislativo (Atto del Governo 501), in corso di esame in Commissione giustizia, risponde all’esigenza semplificatrice espressa dal criterio di delega e volta a facilitare il trattamento di istanze e procedure che fortemente incidono sulla vita quotidiana dei detenuti e degli internati. l’art. 4 di tale documento inserisce modifiche ad alcuni articoli dell’ordinamento penitenziario. La valutazione espressa con riguardo alla modifica del secondo comma dell'articolo 11 O.P. (competenza in materia di trasferimento in ospedali civili per necessità di cura, è ancor più forte nel caso della competenza relativa all'articolo 30 O.P.: si ritiene, quindi, che quantomeno dopo la sentenza di primo grado dovrebbe essere il magistrato di sorveglianza a concedere il permesso, data la sua maggiore prossimità. Alla semplificazione delle procedure anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale (art. 35-bis), per le decisioni di competenze del magistrato di sorveglianza e del tribunale di sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione. Nell’ottica della semplificazione si m ira a consentire all’amministrazione penitenziaria di stare personalmente in giudizio (in questo caso per alleggerire il contenzioso dell’Avvocatura dello Stato), e questo tenuto conte del peculiare oggetto dei giudizi instaurati con i reclami avanzati dai detenuti inerenti la quotidiana realtà di emergenza penitenziaria. Altra semplificazione riguarda l’art. 47 O.P., ove modifica il comma 8 estendendo la competenza del direttore dell’UEPE ad autorizzare limitate deroghe alle prescrizioni dell’affidato in prova anche al di fuori di casi di urgenza. Per quanto riguarda l’art. 69-bis si propone di abrogare per una procedura semplificata inerente alla liberazione anticipata, il comma 2, ovvero il parere del pubblico ministero e il comma 5 inerente le richieste indirizzate al tribunale di sorveglianza.

Mentre l’art. 5 del documento contempla modifiche al codice di procedura penale e in particolare agli artt. 656, 667, 677, 678 e 680.

In riferimento all’art. 656 c.p.p., le innovazioni principali riguardano le modalità e i presupposti di accesso alle misure alternative. L’intervento è realizzato tendo conto del rinnovato perimetro preclusivo dell’art. 4-bis O.P. Viene generalizzata la soglia di accesso alla sospensione dell’ordine di esecuzione, fissandola nella pena residua non superiore a quattro anni.

Eliminazione di automatismi e di preclusioni nel trattamento penitenziario: L’art. 6 interviene sulla legge 24 novembre 1981, n.689 in tema di inapplicabilità delle misure alternative alla detenzione ed in particolare all’eliminazione dell’art. 67, sopprimendo la previsione secondo cui l’affidamento in prova al servizio sociale e l’ammissione al regime di semilibertà sono esclusi per il condannata in espiazione di pena detentiva per conversione dovuta alla violazione di una delle prescrizioni relative alla semilibertà o alla libertà vigilata.

Importanti modifiche vengono introdotte all’articolo 4-bis della legge 354/75, (art. 7 del documento), in tema di divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti.

In particolare, l’attuale formulazione della disposizione prevede che i benefici per taluni delitti (art. 575 – omicidio –, artt. 600 bis – prostituzione minorile -, 600 ter – pornografia minorile - 600 quinquies – iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile -, art 628, comma 3 c.p. – rapina aggravata, anche nel caso in cui la violenza o minaccia sia stata commessa da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo 416 bis – art. 629, secondo comma, c.p. – estorsione sempre aggravata – 630 c.p. – sequestro di persona ed altri ancora, come le fattispecie di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. 309/90 – reati in materia di droga) possano essere concessi ai detenuti o internati, purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

La modifica che introduce il decreto legislativo de quo stabilisce che i benefici in questione (assegnazione al lavoro all’esterno, permessi premio, misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata) possono essere concessi ai detenuti e internati, salvo che siano stati acquisiti elementi che indichino la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Pertanto, il giudice, per negare i benefici de quibus, deve acquisire elementi concreti, circa la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva, mentre prima era sufficiente che non vi fossero elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata. La differenza non è di poco conto, atteso che viene operata un’inversione dell’onere della prova, tale che il giudice, per poter negare la concessione dei benefici, deve acquisire elementi certi circa la sussistenza di tali collegamenti, attraverso il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. La soluzione prescelta riduce l’orbita applicativa dell’art. 4-bis, comma 1, ovvero da scelte di politica criminale già compiute dal legislatore che puntano a riportare il meccanismo ostativo alla sua ispirazione originale. Secondo queste coordinate, l’accesso ai benefici extramurari, salvo i casi di collaborazione con la giustizia, viene precluso oltre che agli autori dei pochi delitti monosoggettivi, ai condannati per delitti di mafia e terrorismo e a coloro che rivestono ruoli chiave all’interno di altre tipologie di organizzazioni criminali. Dalla nuova area applicativa dell’art. 4-bis, comma 1, vengono cosi escluse alcune ipotesi di reato monossoggettive e quelle di mera partecipazione alle associazioni in ruoli secondari, non annoverabili fra i casi eccezionalmente gravi.

Per quanto concerne la disciplina di preclusione assoluta all’accesso ai benefici extramurari per i condannati alla pena dell’ergastolo (c.d. reato ostativo), si risolve nel regime di preclusioni individuate nell’art. 4-bis comma 1, O.P. La ridefinizione del perimetro di delitti compresi nel disposto normativo, consente una residuale rimozione delle ostatività per i delitti che comportano condanna all’ergastolo diversi da quelli di mafia e terrorismo.

Viene previsto il nuovo art. 4-ter O.P. Questo mira a circoscrivere le preclusioni legate alla pena per i delitti ricompresi nell’art. 4-bis, introducendo nella norma l’impossibilità che il provvedimento di cumulo o di continuazione determini effetti sfavorevoli per il reo. Dunque, in ossequio al principio del favor rei, le quote di pena legate a reati ostativi si considerano espiate per prime così da poter accedere alle misure alternative al carcere una volta aver raggiunto i termini stabiliti dalla legge.

Disposizioni in tema di misure alternative

Modifiche in tema di affidamento in prova: l’articolo 14 dello schema rende attuabile la revisione delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario relative alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, nella specie viene riscritta gran parte dell’attuale art. 47 O.P. Al fine di ampliare i possibili beneficiari della misura si innalza definitivamente la soglia di accesso alla misura a 4 anni. Viene a scomparire il vincolo di tentare, nell’anno antecedente la richiesta in esame, un comportamento favorevole alla valutazione di rieducabilità del reo ed immune da pericoli di commissione di altri reati. Il requisito necessario all’ammissione alla misura, rimane sempre l’osservazione scientifica della personalità del reo, direttamente in istituto, mentre viene tralasciato se la pena da eseguire non supera i sei mesi. Al fine di estendere l’istituto dell’affidamento in prova, viene previsto che la richiesta possa anche essere avanzata dal condannato che non dispone di una propria abitazione o di altro luogo di privata dimora, stabilendo l’accesso a luoghi pubblici di cura, assistenza o accoglienza ovvero di dimora sociale appositamente destinati all’esecuzione extracarceraria della pena detentiva, nella disponibilità di enti pubblici o enti convenzionati. Con l’inserimento della previsione prevista dal comma 4 dell’art. 47, l’intento del legislatore con la concessione dell’affidamento in prova e di tutti gli altri strumenti sostitutivi al carcere, deve essere collegata a prevenire ogni pregiudizio al reinserimento sociale della persona interessata, mentre i commi 5 e 6 contemplano una serie di prescrizioni alle quali il condannato deve attenersi. Significati è la modifica effettuata al comma 12 dell’art. 47, ovvero, l’esito positivo della prova oltre a determinare l’estinzione della pena detentiva e degli altri effetti penali, determina anche la revoca della misure di sicurezza personali ordinate dal giudice con la sentenza di condanna, nonché la revoca della dichiarazione di abitualità, professionalità nel reato e tendenza a delinquere conseguente alla condanna. Per modulare l’applicazione della misura alternativa anche alle esigenze di coloro che sono affetti da infermità psichica il provvedimento esaminato introduce nell’ordinamento penitenziario l’art. 47-septies. Questa norma è finalizzata ad incidere sulla disciplina della infermità psichica sopravvenuta e del trattamento sanzionatorio dei soggetti a capacità ridotta.

Modifiche in tema di detenzione domiciliare: la disposizione contenente nell’art. 15 dello schema di decreto, interviene sulla misura della detenzione domiciliare apportando modifiche agli artt. 47-ter e 47-quinquies O.P. In particolare viene abrogata la disposizione per la quale la detenzione domiciliare non può essere concessa, nonostante il compimento dei settanta anni di età a chi sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza o sia stato condannato con l’aggravante dell’art. 99 del codice penale. Nei limiti di pena da espiare, la concessione dei benefici è estesa indiscriminatamente anche ai condannati per i reati di cui all’art. 4-bis, comma 1, mentre la detenzione domiciliare è prevista anche per coloro che oltre alla prole inferiore ad anni 10, abbiano figli affetti da disabilità gravi. Il comma 1bis viene modificato con formulazione identica a quella adottata nell’art. 47 comma 1, ovvero per la fruizione della misura alternativa in esame la pena residua è prevista nel limite di quattro anni.

Modifiche in tema di semilibertà: l’art. 16 del documento reca modifiche in tema di semilibertà. Tali modifiche sono destinate a favorire un maggiore accesso alla misura. Le modifiche apportate all’art. 48 del vigente ordinamento penitenziario, menzionano esplicitamente il volontariato e le attività di rilevanza sociale fra quelle meritevoli per giustificare l’accesso alla misura. Un’importante novità è rappresentata dalla previsione della possibilità di accedere all’istituto della semilibertà, da parte dei condannati all’ergastolo, dopo che abbiano correttamente fruito di permessi premio per almeno 5 anni consecutivi (a differenza di quanto previsto attualmente, cioè almeno 20 anni di pena presofferta).

Modifiche in tema di volontariato: la disposizione nell’art.23, si propone di snellire le procedure di autorizzazione all’ingresso negli istituti penitenziari, dei soggetti che per finalità di volontariato possano portare una fattiva collaborazione nell’opera di risocializzazione delle persone detenute.

Disposizioni in tema di vita penitenziaria: in materia di vita penitenziaria, gli interventi hanno ad oggetto la modifica di numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, nella prospettiva del rafforzamento dei diritti dei detenuti, valorizzando la figura del detenuto come persona posta al centro dell’esecuzione delle misure restrittive della libertà personale. Richiamando i concetti di responsabilità, autonomia, socializzazione, e integrazione si caratterizza il trattamento verso modelli di partecipazione attiva del detenuto.

Tra gli interventi di modifica vanno svolte le seguenti considerazioni. Sull’art. 9 O.P. tra i requisiti del vitto vanno tenuti presenti le diverse abitudini e culture alimentari dalle quali bisogna tener conto di un’alimentazione rispettosa delle particolari convenzioni religiose, elemento fondamentale di rispetto della dignità personale. L’art. 10, dedicato alle ore all’aperto, fatta salva la possibilità di riduzione da parte del direttore dell’istituto per motivi eccezionali, le ore all’aperto non possono essere inferiori a 4 (attualmente sono due). Modifiche sono state apportate anche all’art. 13 inerente all’individuazione del trattamento. Il primo comma dell’articolo inserisce tra gli elementi costitutivi del trattamento individualizzato, l’incentivazione delle attitudini del detenuto e la valorizzazione delle competenze individuali idonee a sostenerlo nell’inserimento sociale, mentre il secondo comma, pone l’accento sull’osservazione scientifica della personalità del detenuto. Il nuovo comma inserito nell’articolo 13, fa riferimento esplicito alla “riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l’interessato e per la vittima del reato nonché sulle possibili azioni di riparazione”.

Di particolare rilievo sono gli interventi sull’art. 18 riservato ai colloqui, alla corrispondenza e all’informazione. Viene riconosciuto il diritto di effettuare colloqui con i garanti dei detenuti e la facoltà di effettuare colloqui con il proprio difensore senza limiti fin dall’inizio della pena. Per quanto riguarda i colloqui con i familiari, in virtù della modifica del secondo comma, devo avvenire in locali che favoriscono una dimensione riservata e collocati in prossimità dell’ingresso dell’istituto. Il quinto comma è dedicato alle conversazioni telefoniche e secondo la disposizione, potranno avvenire anche mediante programmi di conversazione visiva, sonora e di messaggistica istantanea, attraverso connessione internet (ad es. Skype).

Ispirati al principio dell’umanizzazione della pena sono le modifiche dell’art. 30 O.P., i c.d. permessi di necessità. La modifica prevede che questi siano estesi in tutti i casi di eventi familiari di particolare rilevanza ed attinenti la sfera affettiva e non necessariamente collegati ad eventi luttuosi.

Interventi di modifica riguardano anche il tema dell’isolamento previsto dall’art. 33 dell’ordinamento penitenziario. Vengono posti dei limi di durata all’isolamento giudiziario per garantire il rispetto dei diritti difesa e che anche dopo il rinvio a giudizio tale strumento trattamentale deve rimanere strumento assolutamente eccezionale. Viene sostituito anche l’art. 34 O.P., relativo alle perquisizioni personali. Ai fini del rispetto della dignità della persona nel testo proposto vengono inserite le modalità di esecuzione inoltre, nell’ultimo comma, viene inserita la prescrizione di redigere verbale contenente le modalità di esecuzione e le ragioni della perquisizione.

Vengono anche modificati i membri che costituiscono il consiglio di disciplina previsto dall’art. 40 O.P. nella nuova formulazione viene escluso il sanitario e il consiglio risulta così composto: direttore dell’istituto, o in sua vece, l’impiegato più elevato in grado con funzioni di presidente, dall’educatore e da un professionista esperto nominato ai sensi dell’art. 80 (si tratta di figure che rivestono professionalità in alcuni settori tra cui: psicologi, assistenti sociali, pedagoghi, psichiatri ed esperti in criminologia clinica).

www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1063909.pdf

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